Lo spunto arriva da qui.
La riflessione sulle crisi è interessante, ma per ora si ferma lì. Un pò in stato di crisalide, appunto. Eppure qualcosa di altro ci deve essere …
La crisi oggi, rispetto ad allora non riesce più ad essere solo individuale, si può anche ignorare il fatto ma riverbera da più parti. La crisi di uno, poniamo per i subprimes americani, riverbera ed esplode, obbligando a nuove soluzioni che nessuno altrimenti avrebbe cercato.
E’ vero che le Cassandre ci sono sempre state e qualcuno quà e là tentava, prevedeva, sperimentava alcune nuove soluzioni …. Finanza ed economia etica, attenzione alle risorse nei loro limiti, microcredito. Il mondo dell’economia si è mosso prima, o si è mosso più evidentemente nella sperimentazione di altro, in previsione di una crisi che non c’era ancora.
Altrove si sono trovate strategie ad alcune fratture che i cambiamenti sociali, culturali, economici … andavano procurando. Strategie casuali o dettate dalla necessità. A quelle ci si potrebbe riferire per capire come sono state implementate e cosa hanno insegnato, e se offrono soluzioni applicabili altrove.
Dove? Nel mondo dei servizi.
Un esempio? La scuola.
La crisi del sistema scolastico, la fatica degli insegnanti è evidentemente una crisi di sistema e di modello, sino ad ora imputate alla “cattiva scuola” (un vizio di volontà degli insegnanti) o ai bulletti, al disagio degli allievi (un vizio di volontà dei ragazzi) o peggio delle loro famiglie.
Sebbene sia ovvio che restituire responsabilità ai singoli costituisca un passaggio essenziale, ciò non dovrebbe implicare una più attenta osservazione della crisi maggiore … dove origina? Non farlo è indulgere nella pratica dello scarica barile, dove la colpa se la rimbalzano – patata incandescente – alunni, genitori, scuola.
Oggi la scuola e la famiglia, e gli alunni, godono di una pluralità di figure e luoghi formativi, che pure dialogano tra loro. Ma, mi chiedo, se si fanno questa domanda banale:
perchè in così tanti e in tanti luoghi, e in tanti modi si forma.
La prima risposta potrebbe essere: a mondi complessi si danno risposte complesse. La seconda è la crisi educativa che predice una crisi, forse, epocale di cambiamento. Insomma un surplus formativo, che previene e tampona una crisi in fieri, ma che ancora non legge la crisi.
Intanto nei luoghi formativi, spesso, molto spesso, ci lavorano i professionisti dell’educare: educatori professionali; a volte presidiano da soli quei luoghi , altrove affianancano i naturali “detentori” di quel luogo (insegnanti, genitori, psicologi, assistenti sociali, riabilitatori). Alle volte sembrano stare lì quasi per caso, messi in assenza di altre o migliori risorse, eppure la loro presenza segnala una latenza ….
da lgo – commento copiato e incollato dal vecchio ponti e derive
“Sulla varietà dei luoghi in cui si forma (e ci si forma) sono tentata di dare la prima risposta (il mondo è complesso…). Ci si aspetta che la scuola sia un luogo di formazione ma di questo percorso formativo sono poi esplicitati soprattutto gli aspetti relativi alle conoscenze (e c’è una lunga discussione in atto sulla didattica delle diverse discipline, che molto spesso però non riesce a tradursi in buona pratica). Si richiede alla scuola però anche la formazione di buoni cittadini, la trasmissione di valori etici…E qui a me la scuola sembra ancora più in crisi, perché la condivisione dei valori tra i vari attori sociali è sempre più debole, e ciascuno trova più difficile interpretare il suo ruolo. In questo quadro sconfortante, lo scambio alla pari tra i diversi professionisti dell’educare forse può tamponare qualche buco…”
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