Il tempo della Pausa


Le vacanze natalizie permettono lo spazio/tempo della sosta, il tempo necessario perchè a ciò che è accaduto, e abbiamo vissuto, pensato, scelto, agito nel corso di un anno e che è stato scandito dagli orari delle nostre agende, possa depositarsi sul fondo. Si cambia il calendario, l’agenda, si festeggia il passaggio tra gli anni, si progetta in qualche modo il “la da venire”, si soppesa l’accaduto dandogli valore.

In questo caso, ciò che sto misurando é un anno “vissuto”, non solo a causa del Covid – 19, in modo poco pensato, e non dico a livello personale.

Certo questa pandemia ha modificato la nostra percezione del tempo e del vivere, e forse a maggior ragione se abbiamo incaricata la parola emergenza, oramai da due anni interi, di definirla collocandola nei nostri ambiti di vita personali e professionali.

  • Emergenza, che pure significa l’uscita, l’emersione di qualcosa di imprevisto diventa urgenza, allarme, fase acuta, che comporta in ripiegamento sulla dimensione contingente e pratica, per produrre una risposta rapida, immediata e effica. In essa la dimensione riflessiva si trova costretta in un angolo, sovrastata da un tempo del tutto vissuto, denso, percepito, sentito, sperimentato. Lontana dalla pratica di un pensiero rallentato, non operativo, essa non riesce a cogliere il significato dell’emergere, dell’emerso, imparato, compreso, e pensato; non riesce a muoversi su metalivelli, che ci disancorano dal quotidiano, permettendo di esplorare nuove possibilità, significati o connessioni.

E allora cosa possiamo depositare nel tempo della vacanza, del vuoto, o del diversamente visto e vissuto dall’interno di una quotidianità personale e non più anche professionale? Ho chiesto alla mia figlia minore cosa, a suo avviso, le sia sembrato carente, e mi ha risposto “la calma dei politici”. Aggiungo io, non solo quella dei politici, ma anche quella di tanti adulti, che sono stati travolti; ma in fondo chi di noi avrebbe potuto trovare le parole giuste per nominare un evento completamente sconosciuto, imprevisto, inconoscibile?

Eppure sconosciuto non significa indicibile, infatti a noi umani piace inventare parole e pensieri.

Quello che trovo, e ho trovato faticoso anche a livello professionale, é stato il vuoto del non detto, dell’indicibile, o del detto male, da parte di tante e tanti, che possedevano le reponsabilita’ più gravose. In particolare ci sono stati contesti in cui il processo decisionale non ha attivato la ricerca di un tempo riflessivo, condiviso e corresponsabile.

Un tempo educativo.

Nel fare questa considerazione penso alla prima parte della pandemia, il 2020, che ho trascorso ancora nel ruolo di chi deve coordinare un centro diurno disabili, e alle attività riflessive messe in campo dalla mia equipe, che come accade in tanti servizi educativi spesso assolve il compito di luogo pensante del sistema “servizio”.

L’equipe, nelle sue capacità di contraddizione, complessità, discussione, elaborazione e decisionale, “ci” ha permesso (pensandole) di elaborare le esperienze stravolgenti che andavamo facendo; e poi si è rivolta pro attivamente verso una utenza considerata fragile per immaginare azioni, parole, attività che permettessero ad essa un transito nella pandemia, per insegnare e mostrare quel viaggio nell’incerto. Ritrovando quelle colleghe e i colleghi a distanza di un anno, e parlando con qualche utente, mi rendo conto della differenza che riscontro nel mondo scuola, che incontro come genitrice.

Il dispositivo del lavoro collegiale di equipe, tipico dei servizi socioeducativi, continua ad essere un fattore di cura e protezione, di significazione degli accadimenti, di pensiero che altri contesti non conoscono e non sanno utilizzare. Un dispositivo competente che permette di affrontare collettivamente le crisi, elaborando o ipotizzando possibilità, azioni, individuando parole o nuovi significati anche allo stravolgimento, mettendo in gioco ciò che “si sa” per renderlo plausibile/potenziale nell’affrontare anche ciò che è sconosciuto.

n.d.r. Ringrazio questo tempo vuoto per assere riuscita a riflettere e riconoscere il valore del pensiero collettivo e disomogeneo che solo in una dimensione collettiva si sperimenta, generativo grazie alla pluralità e all’intenzionalità mirate al facilitare il transito sensato delle crisi ad altri attori della scena educativa. Il tempo dell’equipe è un valore ineliminabile e inestimabile, nella misura in cui questa proiezione verso l’alterità, ci riconduce al nostro pensare, e al progettare il senso del nostro fare.

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