La scrittura professionale delle educatrici professionali e degli educatori professionali è ancora un capitolo sconosciuto ai più, almeno quanto lo è la professione stessa, rappresentata o misconosciuta attraverso una serie di stereotipi.
Ma la scrittura può aprire questo sipario e mostrare il senso collettivo che questa professione genera e apre, non solo a livello interprofessionale ma anche nella autorappresentazione che si porge alle professioni limitrofe con cui l’educare professionale si interconnette.

Questi sono esempi di ciò che può essere la scrittura professionale:
1. Si può esplorare un tema, che tocca le corde dei significati che attribuiamo attorno ad esso, mostrando in che modo, con quale posizione, con quale sguardo è possibile approcciarsi
2. L’educazione che è pensiero, teoria, e azione richiede una riflessione sul corpo nel suo rivolgersi verso l’altro, e verso l’azione che si compie con l’altro.
3. I temi educativi non sono “dell’utenza” cui si rivolgono le professioni educative, ma mostrano spesso la nostra umanità, il nostro modo di essere – nel -mondo, di connotarlo, modificarlo, significarlo, rispetto alla dimensione dell’imparare, aver cura, accompagnare, permettere. E quindi sono destinati a diventare patrimonio di azioni e pensieri collettivi, e di significati su/in cui riflettere/riflettersi.
4. Gli atti educativi spesso mettono al centro le parole persona e utenza, e in essi ci possiamo ricercare tutte e tutti noi e ritrovare.
5. La scrittura professionale è autoriflessiva, meta-riflessiva, e capace di indicare possibilità posturali e di sguardo.
Buona lettura
(Il testo seguente è stato scritto da Roberta Ceretti, ed è già stato pubblicato in “interventi Educativi: conversazioni sulla cura” anno V, nr. 4, ottobre – dicembre 2019)