A come ovvio

Luogo Facebook: condivido il post di un collega, che mi pare dica belle “cose”, quelle che si dicono e devono dire coloro che si occupano di educazione.

Un commento fulminante, di una persona che stimo parecchio mi apre un dubbio, ma quante cose scontate diciamo noi che ci occupiamo di educazione, quanto siamo banali, pomposi o pedanti? Quanto poco proponiamo con le nostre parole che sia fuori dall’ovvio, dal già sentito o pensato, quanto sappiamo perturbare, illuminare, suggestionare, ispirare e a riportare l’educazione (che tutti conoscono e vivono, come genitori e figli, o persone chiamate ad apprendere) fuori dal senso comune, quali spiragli o abissi sappiamo mostrare, quale bellezza o ricchezza, quali incertezze e quali curiosità?

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L’educazione è “buona educazione”, è socializzarci alla media, o è rivoluzionare l’altrui (e la nostra) vita dando gli strumenti per costruire un mondo, insieme agli altri??

Chiudo una domanda forse più propriamente tecnica, come le “buone” prassi educative che esercitiamo (postulando che chi educa sappia farlo) riescono ad oltrepassare il nostro corpo, le nostre azioni, i gesti, e a riprendere voce ed energia in quella singolare forma di pensiero/parola che usiamo nello spazio/ forma comunicativa che ci offre il web….

2 pensieri su “A come ovvio

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