TRA (educazione – cultura – pensieri)


Oggi viaggiamo tra le dicotomie (bianco o nero), tutto si deve dividere in due parti, per capire dove stare. Eppure mi sembra che stare, debba essere visto come un viaggiare, at-tra-versare, percorrere ciò che sta tra due posizioni. E nel viaggiare, si capisce che le posizioni sono spesso più di due, a volte tre o quattro, e in ogni caso sono sorprendentemente assai più complesse, connesse e stratificate di quanto si pensava. A quel punto si scopre che per pensare, comprendere la realtà, e vivere nel mondo (educare, imparare, formare, insegnare, costruire) tocca fare uno sforzo. Quello di costruirsi dubbi e domande, di guardare con coraggio le parti non dette e le inquietudini, che stanno tra bianco e nero.

Ieri durante una supervisione dedicata agli educatori di un servizio per disabili abbiamo visto che per pensare alle problematiche che vivevano gli operatori, (di fronte ad un utente per cui non si sapeva più cosa fare) bisognava aggiungere domande, guardare più lontano e più a fondo, in-tra-prendere un viaggio verso quello che non si era ancora pensato, buttando via ciò che era scontato, considerando quello che sembrava inutile, ovvio, banale, ridondante. e cercare lì qualche risposta.

Qui ed ora. Buono e cattivo. Tra buono e cattivo. Abbiamo in mente un sacco di pregiudizi e pregiudizi sui pregiudizi. Sappiamo sempre indicare, con il dito ben teso, chi è cattivo, brutto, chi sbaglia, chi mostra il brutto dell’educare, chi non sa educare, chi non è educativo. A seconda dei contesti ci semplifichiamo il problema mettendo delle belle etichette, qualche volta ci cimentiamo nelle diagnosi, altre volte andiamo più comodi e etichettiamo grazie ai giudizi morali, o le indignazioni mediatiche (trovatevene una scelta, ora, qui, su Facebook, sarà facile). E a quel punto ci fermiamo, perché non riusciamo più a capire dove andiamo a parare. Perché le cose, le esperienze e soprattutto le persone stanno in quel “tra”. E, in ogni caso, a volte quel “chi” potrebbe venire sostituito da un bel “cosa”: cosa non è educativo, cosa non serve? Oppure perché non serve? O quando non serve, o dove non serve? (faticoso, eh?)

Qualche settimana fa. In un contesto dove il sapere è alto, dove i poteri forti si sentono, dove si decide, determina, costruisce la cultura, ho visto sbranare la rete. la rete è diventata una etichetta che definiva un luogo del sapere … debole e fievole, fluttuante, estemporaneo, fugge, basso, indeterminato e illegittimo. Ovviamente non può essere così. Banalmente basterebbe dire che oramai tanta parte della nostra quotidianità passa da qui (i soldi, i nostri, le merci, la ricerca). Ma ci sono ancora bisogni forti che impongono di dividere il mondo tra saperi forti e deboli, cercando di fare in modo che non si incontrino, che non si guardino e non si nominino, o si perturbino,; al limite possono incontrasi solo se indossano belle etichette. Il buono e il cattivo. Eccoli qui, due poli inseparabili. Insomma se uno è il bene e l’altro il male, bisogna che non costruiscano alcuni ponti, alcuni nessi, che quel tra non sia esplorato. Ma possiamo davvero permettercelo? Privando gli altri e privandoci di interrogazioni, integrazioni, interconnessioni e domande (che danno fastidio e creano altre domande, di non facile risoluzione) tra cosa può accadere mettendo insieme luoghi che erogano educazione, cultura, formazione, e il “web”?

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Anni fa, al mare con un gruppo di utenti disabili, si era in vacanza con una pensionicina dell’adriatico, vacanza da pensionati: pranzo entro e non oltre le ore 12, idem per la cena alle ore 19. Orari ben scanditi e sicuri. Una noia infinita. Per gli operatori e per gli utenti, età media 30 anni. Sei sull’Adriatico, terra delle vacanze e vai a letto con le galline, proprio mentre la movida si fa intensa? Certo, se sei disabile i tuoi 30 anni è come se non ci fossero. Eppure … Nello spazio del dubbio, della riflessione di ciò che esiste tra la cura e la tutela, gli operatori hanno trovato che si poteva cenare con la pizza in spiaggia alle 20,00 e partecipare alla festa nella spiaggia limitrofa. Tra la disabilità, la cura, la protezione, la tutela, il mare e il litorale adriatico, si è trovato qualcosa di nuovo: lo spazio per la vacanza, lo spazio del divertimento, per come lo vivono e lo interpretano tutti i trentenni. A tutti è sembrato meglio della pastina alle ore 19.00, in punto.

articolo pubblicato su facebook il 13 febbraio 2016

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