Ci stiamo divertendo, noi dell’educazione, in questo gioco che si svolge sul web.
Esplorare, seguire tracce, scoprire nessi e collegamenti, infilarci in gineprai per veder come se ne esce.
Ogni tanto piazziamo qualche parola difficile, che limitarsi a parlare di educazione si pensa solo alla babysitter, alle mamme e ai papà, alle pappe, ai pannolini e all’asilo nido.
(Ci si raccomanda: solo fino al limite massimo dei 18 anni che poi raggiunta la maggiore età non si educa più, suvvia siamo seri … pedagogia è cosa “da poppanti” o da nerd),
Ci giochiamo qualche asso: pedagogia, vincoli, formazioni, scene, intenzionalità, fenomenologia, vincoli, strutture, ma ci sembra di bluffare … anche se vorremmo tanto “sembare” più seri e sicuri, misteriosi, interessanti e complessi.
Insomma magari pure vendibili e spendibili, come i professionisti seri, insomma.
Ma il mondo – tanto – ci tira giù, se complessifichiamo troppo, o piazziamo qualche domanda che interroga e inquieta; se ci ostiniamo a rispondere alle domande con i dubbi, invece che offrire la ricetta universale di tata Lucia. Tutti vogliono l’esperta che sa, insomma una più simile a Mary Poppins che ai nostri curricula.
E poi complicare non è pedagogico, o educativo. Chi educa o insegna deva essere semplice e diretto.
Ma noi giochiamo ugualmente, in questa bolla magica che è il web, e rimescoliamo le carte, ci iscriviamo a LinkedIn con i nostri generosi profili professionali, che a guardarli sono pure parecchio seri; mentre impariamo ad usare i social … spacciamo idee e dubbi. Con la stessa disinvoltura e protervia dei Barbari di cui parla Baricco nel suo libro.
Ci intrufoliamo tra il professori, manager anche del settore profit, con la leggerezza orizzontale che solo noi sappiamo usare, e poi tagghiamo e hashtagghiamo, twittiamo.
Creiamo curiosità, tracciamo sentieri, rinviamo nessi che sono chiari solo nelle nostre teste, io credo si dicano, “ma questi – che bello – ci seguono”, e magari (lo speriamo) prima o poi si chiederanno pure come mai li inseguiamo, almeno quelli che due o tra cosette dello stare sui social le hanno capite.
La verità è questa: vi seguiamo per essere seguiti, prima o poi.
Noi abbiamo un dubbio, quello che non sia del tutto chiaro il ruolo, e il valore, la necessità, la trasversalità dei “dispositivi pedagogici”, nei vari ambiti della conoscenza e della quotidianità.
Lo sappiamo tutti, non nascondiamolo, ogni contesto per procedere impara e insegna, persino per vivere si impara e insegna, e pure per capire e viverlo, il mondo si impara e si insegna.
Questa cosa cosa, noi, la studiamo anno dopo anno e giorno dopo giorno, e poi la raccontiamo, la usiamo, la trasmettiamo e ne abbiamo cura. Abbiamo cura della possibilità di trasmettere ciò che si impara e della modalità di trasmetterla ad altri.
Perché è necessario farlo.
E da coraggiose e coraggiosi quali siamo, abbiamo l’ambizione di saperlo fare e di poterlo fare e di volerlo fare. E lanciamo la sfida, anche fuori dalla bolla.
Dedicato ai “the brave” che osano e che ci seguono.
BRAVE
buono, bello, coraggioso, affrontare, animoso, prode, sfidare, indiano pellerosse, sgherro