INTRODUZIONE
“la vera formazione della coscienza al conoscere il mondo avviene con il racconto della sua vicenda. Ne viene pedagogicamente messa in luce la capacità di favorire l’appartenenza ad una cultura viva attraverso le storie tra loro in relazione. L’identità personale, oltre a quella culturale, si forma sapendosi collocare fuori dalle fole ma in una trama narrativa.” – G. Boselli Non pensiero e oltre Erickson ed –
“restituire al soggetto la consapevolezza di avere un ruolo attivo nella costruzione del proprio mondo, e di poter attribuire ad esso un valore differente, ecco in che direzione si muove la pratica di libertà dell’esperienza educativa” – P. Bartolini (a cura di) Per un lessico di pedagogia fenomenologica. Erickson ed –
Mi chiedo oggi, davanti a questa fase finale dei blogging day, cosa avranno trattenuto gli autori che abbiamo accompagnato in questi mesi, e in questi temi.
Mi piacerebbe sapere cosa ha significato, per loro, farsi trascinare in un flusso di temi, essere affiancati ad altre persone, altri pensieri. Vi si saranno riconosciuti? Si saranno stupiti davanti a pensieri che nemmeno immaginavamo, avranno trovato pensieri simili e consolidati? Non lo sapremo a meno che non sia preso loro il gusto di scrivere ancora, se già non la facessero, per continuare a creare quella cultura viva che nasce mettendo le storie tra loro in relazione. Ed questo che, forse, stiamo cercando di fare noi di Snodi pedagogici con il Blogging Day, e con l’ebook che già inizia a prendere forma, dietro gli schermi dei nostri computer.
Ma torniamo ai tre temi: Amore, Bellezza e Rischio associati all’atto educativo o pedagogico. Abbiamo scelto, quale redazione del blogging day, temi tanto generali quanto rischiosi; rischiosi perché facilmente banalizzabili, rischiosi perché andavano esplorati interrogando se stessi, e poi mostrando ad una platea potenzialmente enorme (il web) i propri pensieri. i temi forti della vita sono così ci svelano un po’, ora in termini narrativi ora in termini umani.
I nostri ospiti hanno scelto di fare un atto spesso faticoso, coraggioso e non così usuale.
Così, ora, a noi blogger “ospitanti”, dopo l’accoglienza possibile, sui nostri blog, spetta di ripercorrere le tracce dei nostri autori, e provare a capire cosa è rimasto. E cosa cosa accade se poniamo i nostri piedi nelle tracce che hanno segnato altri, cosa rimane, cosa ci colpisce dei percorsi altrui.
Chiedendo scusa, almeno nel mio caso, se ciò che ho trattenuto è andato oltre le intenzioni, se mi ha indotta a spingermi altrove, un altrove impreciso e sconosciuto a chi ha scritto.
Ma è innegabile che il viaggio narrativo e il viaggio educativo spesso fanno questo, spingono oltre i confini tracciati e i percorsi predisposti, lasciando all’altro tutto lo spazio della scoperta …
EDUCAZIONE E AMORE
PRIMO SPUNTO: Marco Basati
L’amore, nella storia educativa dei minori stranieri non accompagnati (migranti come li raccontano, banalizzando le loro storie, i media), scompare dalla trama familiare, una famiglia che investe nel futuro della specie e dell’insieme familiare e non del singolo, singolo e minorenne, che viene mandato allo sbaraglio alla ricerca di fortuna, in un mondo lontano e pericoloso.
Pensiero faticoso, da farsi e immaginare, perché pericoloso è il mondo e lo sono i trafficanti di umani, e lo è anche un lungo viaggio, tra continenti, fatto a 13, 14, 15 anni.
Il patto di cura e protezione genitoriale viene cambiato, insindacabilmente, favore di un patto impari basato su una scommessa apparente, trovare il futuro in Italia. Anzi “vai tu a trovare e costruire quel futuro”. E l’amore scompare, come un fiume carsico, scivola via, lontano da quelli che immaginiamo affetti familiari, abitudini, una casa, il cibo e una lingua familiare; e si disperde nel viaggio.
Ma riappare, forse, se chi educa ritrova le coordinate della cura e dell’attenzione, della protezione, dell’insegnamento di quanto occorre per stare bene. Se chi educa ha la premura di aiutare l’altro, minore non accompagnato, solo e molto giovane, nella ricerca di ciò che è amore, e lo accompagna nelle pieghe meno evidenti della nuova vita che gli viene destinata. Vita in parte fortunata, poiché intessuta in un futuro possibile destinato solo a loro, quelli che quelli che fortunosamente e fortunatamente ce l’hanno fatta.
Chiudo sul monito all’amore in educazione che ci lascia l’autore
“Educazione e amore”, cosa rimane?
Niente ricette su quanto l’amore sia indispensabile per educare bene i figli, o su come modulare l’amore naturale nell’educazione professionale, questo di certo non c’è, e allora cosa c’è?
Ci sono delle storie, perchè fare educazione è raccontare delle storie, o meglio saper raccontare in modo diverso la stessa storia.
Queste sono storie di ragazzi che crescono e che svolgono una tappa della loro crescita in comunità, dove le raccogliamo e le ri- raccontiamo insieme. E qua ci sta l’educazione. E l’amore dove sta?
L’amore sta ovunque, anche quando non c’è!
Anzi soprattutto quando non c’è, quando la sua assenza è talmente grave che quella storia deve essere ri-raccontata mille volte, quasi come fosse un esercizio spirituale.
SECONDO SPUNTO: Cristina Massimelli
L’autrice ci consegna un altra dimensione dell’Amore, quella di una traccia che va cercata dentro di se, nella propria storia, nella propria ricerca interiore volta a trovarsi una forma propria e comoda, attraversando il mare tempestoso delle emozioni. Una ricerca interiore che si mostra, senza timore delle ferite e delle cicatrici, e e di evidenziare il tempo necessario alla guarigione e all’ascolto di se, una ricerca che giunge alla parte finale quando può venire insegnata e consegnata, anche attraverso l’amore stesso, cresciuto e guarito.
Concludo con le stesse parole di Cristina Massimelli,
Penso che sia importante educare a vivere pienamente le emozioni, ad essere generosi nel concedere se stessi, a non avere paura delle delusioni, perché si trova sempre chi ci sostiene.
Per educare all’amore occorre comunicare con il cuore dell’altro, fornendo esempi concreti di vita, uscire allo scoperto, mostrando fragilità e debolezze; solo utilizzando parole autentiche si potrà colpire nel segno.
PEDAGOGIC ALERT
L’allerta pedagogicaci ha permesso di occuparci della materia oscura, del non detto e del rischio educativo, che va osservato con attenzion e tenuto a mente, per non imporre all’altro di crescere in una forma chiusa e che non gli appartiene.
LO SPUNTO di Laura Ghelli
Nel testo dell’autice, Laura Ghelli, ho rivisto chiaramente un rischio professionale appartenente ad un’ambito lavorativo che conosco assai bene: quello che si occupa dell’educazione e cura di persone conl disabilità. La sua trattazione mi fa sentire chiamata in causa su due versanti, uno tecnico/professionale e uno etico, perché parla dei diritti inalienabili della persona umana, quando una contingenza la colloca in posizione di svantaggio, rispetto a chi si occupa di lei o di lui.
dice Laura Ghelli: “Esiste una zona oscura dell’educazione. Io la chiamo POTERE.”
C’è un “potere” che fornisce norme e regole che strutturano, proteggono e tutelano e che generano diversi gradi di libertà, in cui è sempre complesso muoversi; ma tale movimento diventa davvero problematico, per chi vive come utente o in una struttura residenziale per disabili e si confronta con le proprie ridotte capacità di pensiero astratto e complesso, o anche solo di movimento.
“Nella mia quotidianità lavorativa dentro una residenza sanitaria per disabili mi trovo continuamente a scontrarmi con le regole di vita di una comunità rigida e i tentativi degli ospiti di aggirare i limiti per trovare una loro parziale libertà.”
Il compito di tutelare e mediare tra libertà altrui, gli altrui diritti (di persona più fragile) e le regole, spetta in questo caso a chi educa per professione, a ciò va però aggiunto un ulteriore impegno volto a mediare tra questi due aspetti, in dialogo tra loro, e il proprio potere, che deve sapersi interrogare e che deve selezionare fin dove può spingersi, per non violare il diritto altrui.
Ed anzi mi sembra di intuire dalle parole di Laura che questo sia un nodo centrale dell’atto educativo: domandarsi ogni volta e ogni giorno, fin dove esercitare questo potere necessario.
C’è un domanda scomoda e puntuale che si impone, ed è relativa al “come” occorra lasciare l’altro libero, per liberarlo, per non essere vincolo alla sua autonomia. Una domanda che ci lascia nelle mani una inquietudine speculare, che smuove il nostro rapporto con il potere, che non è possibile sentirsi potente attraverso una possibile op-pressione sull’altro, ed è possibile riconoscersi interi solo se non si ha bisogno di agire un abuso di potere.
EDUCAZIONE E BELLEZZA
LO SPUNTO di Eleonora Fedeli
Questa ultima trattazione è straordinaria, perché arriva da un pensiero giovanissimo, l’autrice ha solo 18 anni; una età inconsueta per i nostri ospiti, e che si colloca in una età della vita in cui, in genere si è ancora ancora oggetto di educazione più che soggetto. Una età in cui, fortunatamente, il pensiero si rivolge alla forma educativa che attraversa (il liceo), interrogandola e riempiendola di dubbi su cosa si impara e su come si impara.
“Abbiamo perso l’abitudine ad insegnare il Bello. Persino nelle classi liceali, dove l’educazione al Bello dovrebbe essere centrale, non viene intrapresa una vera e propria educazione al Bello, bensì si insegna agli studenti a riconoscere i vari tipi di bellezza giostrandosi tra i vari canoni stilistici inerenti ad arti figurative e letterarie, ereditate dai nostri predecessori: nozionismo sterile, la piaga dell’istruzione moderna.
Non si educa a riconoscere e a godere del Bello, ma ad emulare l’eco della voce di altri.
Una sorta di educazione passiva, ossimoro spiazzante.”
Il bello è un piacere, ma viene insegnato senza sugo o sapori o spezie, senza musiche e senza passione, senza fantasia e immaginazione o vibrazione. E’ un bello didattico, che non stupisce e non rapisce. questo è il monito che scelgo di trattenere dello scritto di Eleonora Fedeli.
In educazione, come si capisce bene, leggendo tra i vari post del Blogging Day #educazionEbellezza il trasalimento, l’improbabile, l’oltrepassare l’ovvio sono merce comune.
E il rapimento, altra categoria del bello e dell’educazione (porta altrove, veder altro, stupirsi e illuminarsi, o illuminare) non è previsto nella categoria del nozionismo…
Il 28 agosto i blogger del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:
#EducazionEAmore #EducazionEbellezza#PedagogicAlert
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell’antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla “Locanda dei Girasoli” (link del loro sito) di Roma
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con #Pensodunquebloggodue e raccolti sul sito di Snodi Pedagogici
I Blog Partecipanti:
Sylvia Baldessari Il Piccolo Doge
Elisa Benzi IN dialogo
Alessandro Curti Labirinti Pedagogici
Monica D’Alessandro Pozzi Tra fantasia pensiero ed azione
Anna Gatti E di Educazione
Manuela Fedeli Nessi Pedagogici
Monica Cristina Massola Ponti e Derive
Christian Sarno Bivio Pedagogico
Vania Rigoni La Bottega della pedagogista
Alessia Zucchelli E di Educazione