di Irene Auletta
Molte persone della mia generazione, durante la loro infanzia e giovinezza, si sono sovente sentite dire di “non dare troppa confidenza” e, con gli anni, molti di noi hanno perso il valore polisemico di questa indicazione trasmessa dai propri genitori.
A me è sempre piaciuta e piace ancora oggi, più che mai.
Al di là delle battute più superficiali che intorno a questa frase si possono fare, negli anni ho imparato che può contenere l’invito ad apprezzare l’idea di prendersi tempo per conoscere le persone, di dare valore alla dimensione del rispetto nelle relazioni e di costruire, gradualmente e insieme, i significati che possono stare in un incontro fra persone.
Non mi sono mai piaciute le facili confidenze, il dire “siamo tutti amici” e quel “vogliamoci bene” che più delle volte, mi ha permesso di scoprire persone un po’ superficiali e, soprattutto, più interessate a loro stesse che hai rapporti con chi si trovavano di fronte.
Preferisco chi appare un po’ scontroso e chi si concede gradualmente nella confidenza dell’incontro e della conoscenza e chi, nella vita e nella mia professione, cerca ogni volta di dare valore a questo senso di misura.
Lo vado da anni insegnando agli educatori e ai genitori che i bambini, nel loro normale percorso di crescita, hanno bisogno di essere educati alla misura e che sin da piccoli, hanno bisogno di capire le differenze tra piano e forte, tra vicino e lontano, tra dentro e fuori. Educare a questi concetti non vuol solo dire comprendere la relazione con gli oggetti, che certamente servono come media per questi insegnamenti, ma capire come stare nella relazione con le persone, adulti e coetanei.
Ancora qualche anno fa, con i miei studenti universitari, mi sono ritrovata a trattare questo tema sia per ciò che li riguardava come futuri operatori educativi che per ciò che li riguardava nel rapporto con me, come docente. Uno di loro, come accadeva spesso in quel corso di studi, mi chiese: “Prof. possiamo darle del Tu oppure preferisce che le diamo del Lei?”.
La stessa domanda mi sento spesso rivolgere dagli educatori quando mi chiedono consigli sul rapporto da tenere con i genitori dei loro servizi e sulla forma, del Tu o del Lei, da adottare nelle relazioni professionali.
Così torniamo al valore del “dare confidenza”.
Mi pare sempre importante distinguere la forma dalla sostanza e, come risposi allo studente, il problema non sta certo nella forma della comunicazione ma nella capacità di entrambi di stare nei confini dei ruoli, previsti da quella relazione. Gli eccessi di confidenza nelle relazioni professionali producono spesso ambivalenze ed equivoci che sovente vanno a discapito di quello che si è chiamati a fare.
Noi che per professione ci occupiamo di educazione siamo chiamati, oggi più che mai, a recuperare questa dimensione dell’incontro educativo per insegnare qualcosa di diverso da quello che finora hanno trasmesso i vari mezzi di informazione, fino a trasformarlo come cultura dominante.
Distinguiamoci da queste facili relazioni pseudo amicali, dai racconti in piazza delle proprie vite intime, dalla condivisione delle storie più personali e dalla compravendita delle emozioni esibite nei vari talk show.
Proviamo a dire con più forza che nelle relazioni la confidenza va conquistata, come la fiducia, come l’amore e come l’affetto sincero. Proviamo a insegnare che la distanza nelle relazioni, non è solo un modo per non volersi avvicinare, ma un modo per farlo gradualmente, nel rispetto reciproco e nel bisogno di conoscersi e di sperimentare insieme la misura possibile per quell’incontro. Proviamo a riprenderci il valore delle parole e dei loro significati, perchè proprio da lì si può partire per dare vita e senso ad una cultura che ritorni a parlare delle persone reali e non di quelle, finte e patinate, che scorrono sui teleschermi.
John F. Sloan (1871-1951) Sabato sera a cena da Renganeschi – NY 1912