Ci sono periodi che il vivere si fa girovagare tra emozioni contrastanti, esplorare passaggi nuovi, scoprire lati di se inaspettati.
La vita si impegna pertanto a non lasciarti mai troppo tempo, senza offrirti qualcosa di intentato, stravagante, pauroso, rischioso o doloroso.
Accadono “cose” che sfuggono ai piani di controllo, alle difese, alle resistenze che ci si industria a costruire, obbligando a scelte, o peggio a cambiamenti.
È irritante che non sia mai prevedibile il tipo di prova che arriverà, visto che alcune sono prove o sfide sono molto dolorose, e che mediamente non risparmiano nessuno, è irritante non sapere mai se ciò che arriva ci troverà pronti, o disarmati, leggeri, oppure ansiosi, turbati, affaticati, o provati da fatiche precedenti.
Mai sappiamo ciò che ci attende, mai siamo pronti.
Eppure ogni volta quello che ci resta è un mondo di emozioni, a strascico, da cogliere e nominare.
Da nominare in modo pulito e netto, non valgono i giochini, i non detti, le fughe in avanti, o gli scarti.
Ogni accadimento merita di essere accolto in ciò che smuove emotivamente e si può raccontare “pedagogicamente”, per primi a se stessi.
La narrazione che ne segue potrà allora essere una assunzione di responsabilità, una nominazione di ciò che si è imparato, o il più classico scarica barile alla ricerca di colpe altrui.
La vita ci incastra negli angoli più bui insieme alle paure più grezze, che a scelta nostra possono essere nominate, condivise, accolte e contenute o scagliate in rete (siamo on topic).
Quanti scrivono (vivono) sfuggendo alle proprie paure, per sbatterle addosso agli altri, come colpe non proprie!?
Non si potrebbe invece dire:
“Ho paura, mi fai paura, sto male, è triste, non so cosa fare, mi aiuti, ci aiutiamo, ascoltami, ti sento, stammi vicino, sono malato, ho un dolore, non so scegliere, sono in lutto …. ”
Una vita che fa navigare a vista, con poche coordinate, non può che esser raccontata come un diario di viaggio, un racconto scritto “in azione”, tra ciò che accade ed emoziona, e quanto si riesce a superare o almeno affrontare, e tra le emozioni che ci ancorano o ci imbrigliano.
La bruttura che vegliamo negli altri sta nel non accettare di guardarci prima noi stessi, “nudi” e spaventati, la bellezza che vediamo nasce quando siamo capaci di crescerci raccontando le paure (in senso lato, ma credo valga per le emozioni) e la strada per affrontarle.
E la vita .. Siamo sicuri di volerla raccontare (vivere) attraverso la colpevolizzazione altrui!?