Articolo di Anna Lo Piano
Il vero spartiacque nella vita di una famiglia è il momento dell’ingresso a scuola.
E’ solo allora, nel momento in cui si affidano i propri figli all’istituzione per completare il loro percorso educativo, che si fanno i conti con la società, lo stato, la comunità in cui viviamo.
E’ in questo momento che ci rendiamo conto se la politica ha funzionato e come ha funzionato. Già l’edificio, il modo in cui è stato concepito, il modo in cui è tenuto e mantenuto, ci dicono che tipo di scelte sono state fatte. Anche il metodo educativo, l’approccio nei confronti dei bambini, il programma didattico, la selezione degli insegnanti, sono frutto di scelte politiche, di ideologie. Nella scuola per la prima volta ci confrontiamo con altre famiglie, con altri microcosmi, che non abbiamo scelto sulla base di affinità elettive, di amicizia o simpatia, ma che ci sono capitati solo in base al fatto che tutti apparteniamo alla stessa classe di cittadini.
Con quelle famiglie, con quei microcosmi, che si portano dietro affetti, storie, passato e idee diverse dalle nostre, dobbiamo convivere per anni.
Con i figli di quelle famiglie i nostri figli cresceranno, impareranno a leggere e scrivere ma anche a litigare, a fare pace, ad odiarsi, ad essere gelosi o generosi.
A pensarci bene è proprio una cosa importante, che fa paura in modo viscerale.
E’ fondamentale che lo scuola acquisisca la piena coscienza di questa sua funzione.
Se manca dall’alto, per vacuità politica, non è detto che non si possano sperimentare dal basso, all’interno delle classi, delle buone pratiche per far germogliare e coltivare lo spirito del vivere comune.
Ho pensato ad un piccolo elenco, in base alla mia esperienza, ma non è detto che non se ne possano trovare molte altre.
- Prendersi cura di qualcuno
Ci sono i bravi e i meno bravi, quelli per cui è facile quelli per cui è difficile, e questa divisione orizzontale non è molto divertente. Meglio, molto meglio, che chi è bravo in matematica aiuti gli altri ad imparare le tabelline, e che chi disegna bene spieghi come si fa a fare quei magnifici dettagli. L’inclusione di bambini disabili a scuola aveva questo spirito, ma nel tempo si è perso. Oggi spesso, a causa dei tagli, è solo un peso. Sarebbe bene invece che a turno ci si prendesse cura degli altri. Si può anche andare avanti come gruppo, oltre che come singoli.
- Prendersi cura di qualcosa
La situazione degli edifici scolastici è pietosa. Si può aspettare che qualcuno la risolva, arrabbiarsi, protestare, ma anche fare qualcosa. Ma nella scuola ci siamo noi, per primi, e la cosa ci riguarda. Impegnarsi prima a tenere in ordine, poi a migliorare. Piccole pulizie, decorazione dell’aula, ma anche costituire una biblioteca, o mettere su un orto. Avere cura del luogo in cui viviamo si impara anche da qui.
- Lavorare in squadra
Si fa presto a parlare di lavoro di gruppo. Troppe volte c’è uno che lavora e gli altri guardano, e non si impara niente. Niente ricerche copiaincollate da internet, ma per esempio la redazione di un giornale in cui ognuno ha un compito diverso. La gerarchia stretta e un po’ militaresca del giornalismo insegna a rispettare i tempi, le consegne, i ruoli e anche l’autorità del direttore, chiunque egli sia.
- Imparare ad ascoltare
Ascoltare le storie, le spiegazioni, ma anche le persone. Un gruppo classe è composto da mondi diversi, perché non approfittarne invitando genitori, nonni, zii o fratelli maggiori a raccontare qualcosa della loro infanzia, della propria epoca, del loro paese o regione d’origine, un’esperienza di vita o di lavoro? Si impara a concentrarsi sulle parole, fare domande, imparare direttamente senza il tramite di un libro, aspettare prima di giudicare, cambiare idea.
- Imparare a parlare
Affrontare un argomento dall’inizio alla fine, cercando una struttura, un filo logico, informazioni vere, è un ottimo esercizio per imparare a parlare. Poi c’è la battaglia contro la timidezza o l’eccessivo esibizionismo, ed il piacere di comunicare qualcosa a cui si tiene. L’argomento può essere qualcosa che riguarda la propria passione (la musica, uno sport), la storia di una squadra, di un personaggio famoso, il racconto di un film, di un libro, di un cartone che ci è piaciuto.
- Imparare a discutere
Oltre che ad esprimersi in modo logico e chiaro di fronte agli altri, si può imparare a sostenere la propria opinione di fronte a qualcuno che la attacca, e ad attaccare la posizione di un altro tenendo a bada l’aggressività e l’emotività. Per cominciare si può scegliere il tifo di una squadra contro un’altra, uno sport contro un altro, o un supereroe o qualunque personaggio contro un altro.
- Imparare a risolvere i contrasti
Ci sono le discussioni razionali e poi c’è tutto quello che ruota intorno alle relazioni di forza. Le offese, gli insulti, le lotte, le piccole perfidie, la capacità di confessare una colpa, di chiedere scusa, di fare pace. Il ruolo degli adulti è fondamentale e dà il tono alla classe. Una classe che funziona è una classe in cui i genitori non sono costretti ad intervenire per quello che succede all’interno perché è all’interno che si risolvono i problemi. Ed è un apprendimento che rimane tutta la vita.
- Imparare a divertirsi
Divertirsi senza scatenarsi, lasciarsi andare, coinvolgere tutti, ridere, muoversi, esprimersi con tutti i sensi, a scuola si impara anche questo. Perché il divertimento, la gioia, il benessere, sono parte integrante della nostra appartenenza sociale.
- Diventare autonomi
Nessun individuo può essere individuo politico se non impara a diventare responsabile di se stesso. Imparare a contare su se stessi, ad occuparsi delle proprie cose, a prendersi carico dei propri doveri senza scaricare ogni cosa sugli adulti o su presunti altri responsabili.
- Imparare a guardarsi intorno
Imparare che non siamo monadi, non siamo isolati, ma viviamo in un quartiere, in una città, in un paese. Cosa c’è intorno a noi? Chi sono i nostri governanti, qual è la nostra storia? Quali sono i problemi che le persone accanto a noi stanno affrontando?
Anna Lo Piano
Per finire consiglio la lettura di due libri per ragazzi che a mio avviso possono offrire molti spunti per pratiche e riflessioni sulla dimensione politica della scuola.
“Il maestro nuovo” di Rob Buyea, ed. Rizzoli
“Bambini di farina” di Anne Fine, ed. Salani
Ogni mese il gruppo Facebook “Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti” propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto. Una volta raccolti, quest’ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici.
Inoltre, Snodi Pedagogici, tiene a precisare che il percorso dei blogging day non è casuale, ma facente parte di un progetto culturale più ampio. Quest’ultimo si sta lentamente concretizzando e appena avremo alcune conferme ne daremo l’annuncio, chiedendo a chi ha partecipato fin dal primo se è d’accordo a prendervi parte.
Buona lettura.
Tutti i contributi verranno raccolti su Snodi Pedagogici e sui singoli blog, qui i link diretti
Pasquale Nuzzolese per Il Piccolo Doge
Claudia Pepe per Ponti e Derive
Anna Lo Piano per Ponti e Derive
Cristina De Angelis per La bottega della pedagogista
Monica D’Alessandro Pozzi per Allenareducare
Angelo Bruno per Nessi Pedagogici
Grazia Rita Leone per Nessi Pedagogici
Michela Marzano per E di Educazione
Luca Giangiacomi per Bivio Pedagogico
Anna Brambilla per Bivio Pedagogico
Lorenzo Fucci per In Dialogo
Alessia Zucchelli per IN Dialogo
Giusy Fiorentino per Labirinti Pedagogici
Vania Rigoni per Labirinti pedagogici