Uno degli utenti che frequentano CDD, dove lavoro, ritornerà nei prossimi giorni; e sarà carico di medaglie.
Per la precisione tre medaglie d’argento vinte nello sci.
E’ stato uno dei partecipanti, a Sestriere, alla XXV edizione degli Special Olympics Italia.
Ho seguito con partecipazione quanto avveniva, dalla finestra di Facebook, guardando le foto che la famiglia pubblicava di giorno in giorno.
Mi sono sentita partecipe dell’avventura sportiva, di un ragazzo, che in fondo conosco, per ora ancora, abbastanza poco; io lavoro al centro da solo un anno e lui lo frequenta con un part-time di poche ore settimanali.
I prossimi giorni tornerà alla nostra quotidianità ma quelle tre medaglie avranno completamente “distrutto” il modo in cui lo conoscevamo. Sarà ancora il ventenne che studia, fa un sacco di sport con la sua famiglia, ama i viaggi, ha una sindrome genetica, indossa un certo tipo di abbigliamento, usa internet … ma da questa settimana sarà anche un atleta olimpico.
La portata di questa notizia mi arriva la coscienza lentamente, infrange completamente ogni idea che mi ero fatta.
I suoi genitori ci avevano raccontato nella quotidianità, gli impegni e le attività svolte dal figlio, in modo sobrio e discreto.
Noi operatori conosciamo gli schermi e abitudini, i progetti e i laboratori, studiamo tutto quanto si aggira attorno alle pratiche educative, riabilitative, terapeutiche necessarie alle persone con disabilità; partiamo tutti con delle precomprensioni attorno alla materia, cresciamo in una cultura che ci insegna alcune cose sulle persone con disabilità. Poi gli anni di studio, la formazione e le esperienze professionali e il lavoro nei servizi ci aiutano a smontare i luoghi comuni e a costruire saperi nuovi, per trovare un diverso modo di lavorare, di educare e di sostenere processi di crescita. Talvolta finiamo per pensare in modo scontato. Non dovremmo farlo, eppure accade (è umano e normale).
Per fortuna la vita fa sempre accadere momenti che stupiscono, e obbligano a cambiare una volta ancora le nostre pre-comprensioni.
Le persone con disabilità sono stimolate sin dalla nascita ad utilizzare tutte le capacità residue. Tutte quelle cognitive e naturalmente tutte quelle motorie: fisioterapia, psicomotricità, acquaterapia, ippoterapia e ovviamente sport. Come ogni CDD partecipiamo abitualmente a tornei annuali sportivi, proprio per dare valore a questa possibilità, che è di movimento e di relazione con gli altri.
Però le tre medaglie d’argento, che vedremo nei prossimi giorni, vanno aldilà di questo.
Vanno esattamente a colpire qualcosa che sta oltre alla disabilità.
La struttura, “gli Special Olympics”, è quella dello sport, dello sport “vero”, ufficiale. C’è un braciere Olimpico, il podio, le medaglie, le delegazioni. le divise, gli allenatori e le stesse discipline olimpiche degli sport invernali; ciò rende i partecipanti atleti e gli atleti che vincono … campioni.

Le medaglie, ora servono a de-costruire quello che sappiamo di questo ragazzo, adesso oltre al nome, alle sua abitudini, al carattere, abbiamo innegabilmente accanto a noi, un atleta, un campione , uno sportivo, chiamatelo come volete.
Probabilmente la nostra quotidianità con lui sarà la stessa, ma non sarà esattamente lo stesso il nostro immaginario. Queste vittorie vanno oltre alle categorie, agli stereotipi utente, o disabile, o ragazzo, o atleta. Tutto si è mescolato e si reso più complicato. Tutte le precompressioni, tutto quello che sappiamo deve essere riscritto alla luce di tre medaglie.
Ma così dovrebbe essere nella quotidianità la storia di ogni persona con disabilità, e di ogni essere umano. Tutto dovrebbe esser legittimamente complesso, e legato ad una rete di complessità, che lo rendono unico.
Come sempre: Stay human.