l’ #‎educazionenaturale‬ di Mamuska Pupi

INTRODUZIONE

Ogni mese nel gruppo Facebook “Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti” viene proposto ai membri un tema educativo.
Chi raccoglie la sfida scrive un articolo al riguardo. I contributi, poi, vengono ospitati nei blog presenti in Snodi Pedagogici (http://snodipedagogici.wix.com/onweb#!blog/c1p1n) e divulgati nei vari social con un hashtag particolare in un determinato giorno.

Questo mese, gennaio, tocca a “l’Educazione nasce naturale”, tema lanciato da Alessandro Curti nell’assemblea (https://m.facebook.com/events/546666475414229/?__user=1543001986) del 16 novembre, svoltasi a Milano.
Cosa ne pensano i genitori dell’educazione?

“L’educazione nasce in un ambito naturale, la famiglia, il gruppo, il clan, la tribù, in cui era necessario che i grandi insegnassero ai piccoli quello che occorreva per vivere. Poi la società si è fatta più complessa è le figure educative si sono moltiplicate e in alcuni caso si sono professionalizzate per supportare quelle naturali. Ma ancora oggi la prima istanza educativa nasce nelle famiglie, nei gruppi familiari, negli spazi di socialità naturali….”

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GUEST POST

L ‘educazione nasce naturale di Mamuska Pupi

Sono mamma di un bimbo di 32 mesi, alla prese quotidianamente con la questione “educazione”.

Ma forse sono anche un po’ sui generis, perché quando penso all’educazione, non mi sembra di stare adottando una qualche linea particolare.

Non mi sono preparata nei nove mesi di gravidanza con quei manuali e libri per future mamme in cui si dispensano consigli su come dividere la giornata di un neonato, come preservare importanti spazi per se stesse, per la coppia….no.

Sapevo bene che l’arrivo di un bimbo è dirompente, che avremmo dovuto trovare nuovi equilibri in tre, ero forte dei miei studi in psicologia e poi avevo fatto tesoro delle esperienze delle altre mamme conosciute durante il mio periodo di lavoro in alcuni nidi, e soprattutto i loro bimbi mi avevano già fatto scoprire che ogni bambino è meravigliosamente diverso, e non esiste un metodo, una regola, adatta a tutti. Cosa del resto valida per ogni “situazione sociale”.

So da quali metodi voglio stare lontana, questo si, e provo ogni giorno a mettere in bolla un significato per me valido al termine educazione.

Per questo sono stata molto colpita da questo evento, mi tocca da vicino in questo momento della mia vita, e mi sono buttata nella scrittura. Anche se forse, mi vien da pensare che tutto stia già li, nel titolo.

L’ educazione nasce naturale. E la prima immagine che mi viene in mente è la mano che accarezza il pancione che cresce. E’ un gesto naturale, così come viene naturale parlare all’ospite del pancione in crescita, immaginarlo.

L’educazione comincia da lì, dal pancione. Non cominciamo solo a educarlo a gusti e sapori attraverso la nostra alimentazione in gravidanza, ai suoni con la nostra voce e quella di chi ci sta accanto e la musica.

Bambina con passamontagna e bambola, Alberto Zampieri
Bambina con passamontagna e bambola, Alberto Zampieri

Dalle nostre carezze, dal nostro parlarci, raccontare quel che succede “fuori”, i nostri stati d’animo, prende il via una comunicazione emotiva che continua anche dopo la nascita, se si riesce a non perdersi, un educazione all’ascolto la si potrebbe definire, e anche al prendersi cura di sé.

Quella che si instaura è una “educazione” reciproca.

L’ attesa fisiologica della gravidanza prima, i ritmi del piccolo che cresce poi, ci “costringono” a una lentezza cui forse non siamo più preparati. Una lentezza che è utile, e che ci porta a riscoprire  parti istintive di noi, necessarie per rispondere nel miglior modo ai bisogni del piccolo una volta nato. Questo almeno rispetto ai primi tempi, quando i bimbi sono tutto istinto, quando sono loro, inconsapevolmente, ad attivare comportamenti nostri.

(A  meno che non si cada preda di insensati timori di viziare un bambino di pochi mesi tenendolo spesso in braccio, o nella fretta di regolarizzare al meglio i suoi ritmi. Questa considerazione mi porta inevitabilmente lontana dal filone educativo che vuole ad esempio, insegnare ai piccoli a fare la nanna soli nel proprio lettino.)

E dopo, quando cominciano a crescere, che si fa, come ci si comporta, come si educa un bambino? A volte mi viene da pensare che il gran fiorire di teorie sui più svariati argomenti educativi (in primo luogo alimentazione e sonno, grandi ostacoli nel rapporto genitori figli) nasca da una grande paura dei genitori di non sapere come fare, di sbagliare. Come se fosse possibile avere tutte le risposte, come se fosse possibile esimersi dal mettersi in gioco quando si tratta di bambini. L’ educazione si costruisce in casa, tra gli affetti familiari in primis. Siamo la loro prima finestra sul mondo, il nostro modo di relazionarci li inizia alla vita sociale che sperimenteranno nel tempo, alla cultura che vivranno.

Ma oggi per lo più le case sono vuote, i genitori lavorano e non si ha tempo. Il vero ostacolo è (pare essere) il tempo. E allora si delega. Gestione ed educazione dei figli, fin dalla più tenera età. L’educazione comincia comunitaria il più delle volte.

Pensando all’ educazione, penso a fattori che promuovano processi formativi, e riconosco il ruolo attivo del soggetto “educato”, che seleziona e sceglie tra le stimolazioni ambientali quelle che preferisce, che sente più sue, e queste utilizza, elabora e trasforma secondo il suo unico modo di essere. E questo già da prima della nascita, perché in quanto essere umani, siamo predisposti ad apprendere, a conoscere. Per questo ritengo importante ascoltare i bambini, prestare loro attenzione per coglierne la particolarità, e non cadere in errori dettati dalla fretta interpretativa .

In casa nostra, come accennavo prima, non abbiamo una linea educativa definita. Ora che ci penso non abbiamo neanche chissà quali regoline.  Abbiamo abitudini, queste si, che abbiamo costruito insieme, facendo le cose insieme (lavare le mani e fare pipi prima dei pasti; i denti dopo; ad esempio) e secondo me il punto sta li, nel fare le cose insieme. Non ti dico cosa fare perché adulto e più capace di te, ma la faccio di mio e cominciamo a farla insieme, te ne spiego l’ importanza anche attraverso il mio stesso fare. Detto questo, inevitabilmente abbiamo situazioni di scontro, inevitabilmente sarò portata a essere rigida su alcune questioni (la sicurezza in strada ad esempio: si cammina sul marciapiede, si attraversa con la mamma, non si corre per strada), inevitabilmente succede che si debba far qualcosa che lui non ha alcuna voglia di fare.

Che succede in quei casi? Dipende. Lui giustamente mi urla in faccia la sua rabbia, io la raccolgo come meglio posso in quel momento. A volte cedo io (e mi rendo conto che molte volte cede lui, se guardo le cose dal suo punto di vista), diciamo che scendiamo spesso a compromessi, che cerco di prepararlo a situazioni che so lo disturberanno per evitare scene madri certo, ma anche perché trovo sia corretto farlo. Se fossi io quella presa da una certa cosa, gradirei mi si preparasse a un inevitabile cambiamento.

Non credo di togliere nulla alla mia credibilità materna concedendo alternative o studiando compromessi. Non li ritengo indice di sottomissione alla famigerata “tirannia infantile”, non ho paura di venire manipolata da mio figlio, e quando mi accorgo di sbagliare non ho paura di scusarmi. Capirà che anche mamma sbaglia, a volte per stanchezza o per indolenza, o perché ha frainteso, capirà che si può sbagliare, cedere, averla vinta, chiedere scusa, capirà che le cose non vanno sempre nello stesso modo, e tutto questo senza mettere in discussione l’ amore. Forse si farà l’idea di un mondo poco saldo, fallibile, ma veritiero.

Credo tutto questo sia parte della comunicazione umana, e a pensarci bene, noi adulti lo utilizziamo di continuo. Perché con i bimbi no? Perché se fatti con loro i compromessi ci sanno di “farci mettere i piedi in testa?” Forse perché ci è stato detto che con i bambini c’è  bisogno di coerenza. Quindi se si dice una cosa bisogna farla. Però a me sembra che questa cosa funzioni solo a senso unico. Solo se diretta a loro, ai bambini. Noi adulti non siamo certo così coerenti, specie con noi stessi (quantomeno, io non sempre lo sono o per meglio dire, non in tutti gli ambiti). Forse l’unica coerenza che importa ai bambini è quella affettiva.

Mi rendo però conto che sono ancora molto in voga anche tra giovani genitori,  pensieri educativi un po’ datati e dal sapore antico, che la paura più grande è quella di venire travolti da piccoli tiranni, che bisogna che all’occorrenza ci si mostri autorevoli, o prenderanno il sopravvento rendendo le nostre vite un inferno. Ora non è che io non mi imponga mai, o che non mi tocchi forzarlo in alcune occasioni, ma relego questi modi di fare a situazioni in cui non ho alternative (visite mediche ad esempio), le ritengo eccezioni inevitabili, qualcosa che non posso fare a meno di fare.

Scultura (autore non pervenuto) Salt Lake City
Scultura (autore non pervenuto) Salt Lake City

Mi rifiuto di pensare alla vita con mio figlio come a una guerra in cui vince il più forte, dove devo sempre stare all’erta per non permettere al possibile despota di scavalcarmi. Non fa parte del mio modo di intendere i rapporti, e neanche del mio immaginario rispetto all’essere mamma. E dal momento che ciascuno si crea la propria realtà, io la mia cerco di costruirla con le parole che volta per volta ritengo più adatte a fornire al mio piccolo un posto sicuro in cui crescere  e sperimentare prima, negoziare e condividere dopo.

Io credo che trattando i piccoli con il rispetto che riserviamo ai grandi, facciamo loro (e anche a noi) un gran regalo.

Il mio bimbo ha cominciato a parlare presto, e lo fa bene, è molto chiaro e questo ha semplificato tante incomprensioni precedenti. Ho davanti a me una personcina che, almeno per qualche anno ancora, prenderà per giuste le cose che vede fare a me, i toni che mi sente usare, il modo di prendermi cura di lui, di arrabbiarmi. Io la sento come una grande responsabilità questo essere modello di comportamento per lui, sperimento giornalmente la fiducia che ripone in me (se penso ai vari “no” e divieti che sperimenta quasi quotidianamente ne sono quasi commossa), e ho deciso che non voglio abusare di questa sorta di potere, voglio ricambiare la sua fiducia, e soprattutto non voglio che mi tema. Voglio che si senta rispettato come persona, e mi piacerebbe riuscire a trasmettergli le regole del vivere civile senza imposizioni o ricatti.

 

– I contributi vengono condivisi con gli hashtag #educazionenaturale e ‪#‎snodipedagogici‬ dai blog:

– Bivio Pedagogico
– Labirinti Pedagogici
– E di Educazione
– Allenare Educare
– Nessi Pedagogici
– Ponti e Derive
– La Bottega della Pedagogista
– Il Piccolo Doge
– InDialogo
– Tra fantasia pensiero azione

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