A. non era affatto bella, ma radiosa. E il suo saluto al mattino alleggeriva il lavoro, non so quanto ne fosse consapevole.
R. era spassosa, escluse le volte che era arrabbiata, e allora le sue sceneggiate nell’atrio dell’edificio, così strillate e plateali, finivano per imbarazzare tutti. Ma in compenso elargiva estemporanei massaggi, con mani calde e una saggezza istintiva, che riusciva ad ammorbidire alcune contratture del collo.
D. alla sera, prima di dormire, chiedeva sempre un bicchiere d’acqua; un rituale per allungare il tempo dei saluti.
S. parlava poco, ma aveva ben chiaro il senso della giustizia e della provocazione, che esprimeva in azioni “socialmente” imbarazzanti, ma deliziosamente vive.
I gemelli avevano reintrepretato i divieti ad una vita libera, inventandosi tra loro di esprimere l’eccezione che la confermava.
N. rapiva l’amore di tutti, in virtù di uno sguardo celeste, luminoso e intenso, che spezzava il cuore.
P. aveva una classe innata, un giusto tono di mistero e distacco.
V. (mi) si è incisa nella pelle, come un tatuaggio, perché la storia l’avevamo scritta insieme.
Ogni iniziale, è un nome, una persona. Una lunga serie di storie, di persone.
Spesso disconosciute e non definibili attraverso queste “virtù”, caratteristiche, curiosità, attimi di genio o di magia. In generale sono messe dentro/dietro quello che diventa uno schermo e uno stereotipo: la disabilità.