Nella necessita’ di provare a proporre ad un adolescente la più classica delle vacanze (studio all’estero), mi sono accorta che c’era una latenza che andava nominata e rappresentata.
Si va a studiare altrove per imparare una lingua, per ricevere impressioni usi e costumi di altri paesi, per cercare una piu’ ampia visione del mondo. Si va altrove a prendere qualcosa di più, di nuovo, di ricco e di significativo.
Eppure non si dice mai e con abbastanza intenzione, cos’altro si va a fare: dare.
Dare se stessi, offrire la propria impressione sul mondo, a informarlo, con le proprie idee, le intenzioni, i dubbi e i problemi, con il proprio sguardo stupito e nuovo, o dubbioso e resistente, lasciare un impronta. Si parte e “ci si offre” in un incontro.
Non si va mai a depredare il mondo dell’altrui “sapere”, senza cedere alcunché in cambio. Va detto.
E’, questo, un passaggio culturale che va espresso, e insieme può esser smitizzato il principio colonizzatore del mondo, e poi magari anche quello esplorativo scientifico. O meglio, questo “principio” va integrato con una più complessa visione del mondo, quella che ci permette di interagire e intersecare culture.
E nell’occorrenza serve partire con la capacita’ di abbandonare il gioco del più sagace o più acculturato o … sapiente, o del più bisognoso di ap_prendere
Perché il gioco che si va ad imparare e’ il meticciamento, la contaminazione, la creazione nuova tra due, o più, saperi, necessariamente diversi.