Un laboratorio di psicomotricità che conduco da qualche anno, oramai, ha assunto una nuova faccia: quella di una rappresentazione di storie scelte dai partecipanti, che vengono smontate, quasi scomposte in micro frammenti “recitabili”. Lo ammetto non è una psicomotricità ortodossa, ma una reiterpretazione libera della triade “esploro, conosco, rappresento”.
Lo sconfinamento con il teatro è visibile, si lavora sempre per “un pubblico”, che siamo noi stessi, che guardiamo e sperimentiamo, sperimentiamo e guardiamo. Ci si osserva, si prova e ritenta, curiosi.
Resta è ovvia la connessione con un pubblico immaginato e possibile, quello del mondo in cui è anche possibile rientrare, portandosi dietro e dentro l’esperienza.
E’/siamo gruppo che insieme lavora, alla ricerca delle sfumature espriminibili, recuperando esperienze quotidiane che vengon ritradotte alla luce del tema, o dell’azione scelta.
Il punto di partenza di quest’anno è stato Pinocchio
La fata Turchina,
che si impone ad uno schifato Pinocchio,
Il gatto e la volpe, che sanno imbrogliare ora furtivamente,
ora seduttivamente.
Il rapporto triadico tra: le marionette guidate dai fili,
il burattino senza fili (Pinocchio che vive sul confine di una libertà apparentemente illimitata e i vincoli di un corpo di legno), e Mangiafuoco. Portatore anch’egli di più ambivalenze, tra l’azione verso le marionette malatrattate e la tenerezza per la storia di pinocchio.
Pinocchio che scopre il dualismo del proprio corpo: ragazzo e/o burattino, corpo contratto e rigido – corpo rilassato e fluido, ragazzo/asino.
Il tema che ci accompagna sottotraccia, è la trasformazione, e la possibilità di esplorare i contrasti emotivi, espressivi, tonici e corporei, e alle volte le intersecazioni e le ambivalenze possibili.
Attivo/passivo, veloce/lento, uomo/animale, tirare/esser tirato, guidare/essere guidato, rigido/morbido, imporre/accettare-imporre/rifiutare, libero/vincolato, imbrogliare/essere imbrogliato/farsi imbrogliare, seduttivo/furbesco, disteso/seduto/in verticalità